Fattori che aumentano il rischio di infarto: età, stile di vita e predisposizione genetica

L’infarto miocardico rappresenta una delle principali cause di mortalità nei Paesi industrializzati. Si tratta di un evento acuto che deriva dall’ostruzione delle arterie coronarie, con conseguente necrosi del tessuto cardiaco. I fattori che aumentano il rischio di infarto sono molteplici e si distinguono in modificabili e non modificabili. Età, stile di vita e predisposizione genetica svolgono un ruolo centrale nel determinare la probabilità di insorgenza di questa patologia, e la loro interazione rende il rischio personale spesso difficile da valutare in termini assoluti.

Età e altri fattori non modificabili

L’età è uno dei più potenti predittori del rischio di infarto. Col trascorrere degli anni, il sistema cardiovascolare subisce modifiche strutturali e funzionali: le pareti delle arterie si irrigidiscono, si accumulano danni vascolari e vi è una maggiore probabilità di lesioni aterosclerotiche. Tali condizioni creano una base favorevole all’insorgenza di eventi acuti come l’infarto. Studi epidemiologici indicano che il rischio aumenta progressivamente, soprattutto oltre i 50 anni per gli uomini e i 60 per le donne, che appaiono parzialmente protette dagli ormoni estrogeni prima della menopausa.

Altri fattori non modificabili sono il sesso e l’origine etnica. Gli uomini presentano un rischio superiore rispetto alle donne nelle età medio-avanzate, mentre le donne raggiungono un’incidenza comparabile dopo la menopausa. Alcune popolazioni, per motivi genetici o culturali, possono essere più esposte a fattori di rischio cardiovascolare. Infine, la familiarità per patologie cardiovascolari, e in particolare la presenza di infarto in parenti di primo grado, rappresenta un ulteriore elemento di rischio non modificabile.

Stile di vita e fattori comportamentali

I principali fattori di rischio modificabili, su cui è possibile agire con interventi mirati, sono connessi allo stile di vita. Tra questi:

  • Fumo di sigaretta: il tabagismo danneggia l’endotelio vascolare, favorisce l’aggregazione piastrinica e accelera la formazione di placche aterosclerotiche.
  • Alimentazione scorretta: diete ricche di grassi saturi e povere di fibre aumentano colesterolo e rischio di obesità.
  • Sedentarietà: la mancanza di esercizio fisico riduce la capacità cardiovascolare e favorisce l’accumulo di massa grassa.
  • Abuso di alcol e caffeina: consumi eccessivi possono alterare la pressione arteriosa e il metabolismo lipidico.

Ulteriori elementi comportamentali da considerare sono lo stress cronico, che impatta sui meccanismi neuroendocrini e promuove la disfunzione endoteliale, e la qualità del sonno, un aspetto sempre più riconosciuto nella prevenzione cardiovascolare.

Le condizioni cliniche spesso associate a cattivi stili di vita — come ipertensione arteriosa, iperglicemia/diabete mellito, ipercolesterolemia e obesità addominale — rappresentano altrettanti obiettivi prioritari per la prevenzione primaria dell’infarto. L’intervento su questi fattori è alla base delle strategie proposte dai principali organismi di prevenzione.

Predisposizione genetica e familiarità

La predisposizione genetica è spesso sottovalutata ma risulta invece determinante, soprattutto nei casi di insorgenza precoce di infarto, cioè prima dei 55 anni per gli uomini e dei 60 anni per le donne. La componente genetica implica la presenza di mutazioni o polimorfismi, talvolta ereditari, che influenzano il metabolismo lipidico, la coagulazione del sangue o la funzionalità delle arterie coronarie.

L’incidenza di casi di infarto in famiglia costituisce un campanello d’allarme: se un genitore, un fratello o una sorella hanno subito un infarto in età relativamente giovane, il rischio personale si moltiplica. Spesso, la sinergia tra predisposizione genetica e fattori ambientali amplifica la vulnerabilità individuale. Studi recenti hanno identificato geni che regolano la risposta alle lipoproteine, l’infiammazione cronica e altri meccanismi coinvolti nella patogenesi dell’aterosclerosi, che rappresenta il substrato anatomopatologico dell’infarto.

Prevenzione e gestione del rischio

La conoscenza dei fattori che aumentano il rischio di infarto permette di attuare un’efficace politica di prevenzione primaria. Anche in presenza di predisposizione genetica, uno stile di vita sano riduce significativamente la probabilità di eventi cardiovascolari. Le raccomandazioni degli esperti comprendono:

  • Non fumare e ridurre l’esposizione a fumo passivo.
  • Adottare una dieta equilibrata, preferendo frutta, verdura, cereali integrali, pesce azzurro e grassi insaturi.
  • Praticare regolarmente attività fisica aerobica, almeno 150 minuti a settimana.
  • Controllare la pressione arteriosa, la glicemia e i livelli di lipidi nel sangue.
  • Mantenere il peso corporeo nella norma, evitando obesità e sovrappeso.
  • Gestire lo stress con tecniche di rilassamento, mindfulness o supporto psicologico se necessario.
  • Evitare l’abuso di alcol e limitare il consumo di caffeina.

Ruolo della diagnosi precoce

La diagnosi precoce tramite screening personalizzati, mirati soprattutto a soggetti con storia familiare positiva o presenza di molteplici fattori di rischio, rappresenta il principale strumento per identificare precocemente alterazioni cliniche silenti. L’esecuzione periodica di esami ematici, ecocardiogrammi, elettrocardiogrammi e controlli della funzione vascolare consente di intervenire tempestivamente per ridurre la progressione della patologia aterosclerotica.

Inoltre, programmi di educazione sanitaria e campagne di sensibilizzazione pubblica sono cruciali per promuovere abitudini salutari nella popolazione e abbattere l’incidenza delle malattie cardiovascolari.

Interazione tra fattori di rischio

L’effetto combinato fra i fattori di rischio è particolarmente importante: la concomitanza di ipertensione, dislipidemia e tabagismo moltiplica il rischio in modo esponenziale. Secondo le stime, il combinarsi di pressione elevata, colesterolo alto e fumo determina un rischio fino a otto volte superiore rispetto a quello di un individuo senza questi fattori. Pertanto, anche piccoli miglioramenti simultanei su più fronti hanno un effetto protettivo rilevante sull’apparato cardiovascolare.

In sintesi, l’analisi accurata di età, stile di vita e predisposizione genetica consente di stratificare il rischio di infarto e di indirizzare le strategie più efficaci per la sua prevenzione e gestione clinica, puntando su un approccio integrato e multidisciplinare.

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