L’articolo 67 delle Disposizioni per l’attuazione del codice civile (disp. att. c.c.), riveste un ruolo centrale nell’organizzazione e gestione della vita condominiale in Italia. Questo articolo disciplina nel dettaglio le modalità di rappresentanza dei condomini all’assemblea, la delega, i limiti di rappresentanza e la gestione delle unità immobiliari in comproprietà. La sua importanza si riflette sia nella tutela dei diritti dei singoli proprietari, sia nella prevenzione di possibili abusi e disfunzioni all’interno delle assemblee condominiali.
La partecipazione all’assemblea tramite delega
Uno degli aspetti principali regolati dall’articolo 67 è la facoltà concessa a ogni condomino di partecipare all’assemblea anche attraverso un rappresentante, munito di delega scritta. Questo meccanismo di rappresentanza mira principalmente a facilitare la partecipazione di chi, per vari motivi, non può essere presente fisicamente alle riunioni. Si tratta di una tipica forma di rappresentanza volontaria, prevista anche dagli articoli del codice civile relativi al mandato.
La delega deve essere obbligatoriamente in forma scritta, superando la prassi, in passato diffusa, della semplice delega orale. Questo elemento serve a garantire la certezza della volontà del delegante e ad evitare contestazioni sull’autenticità della delega stessa.
Vi sono tuttavia dei limiti quantitativi e soggettivi alla rappresentanza tramite delega: se i condomini sono più di venti, il soggetto delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale dell’intero condominio. Questo vincolo è stato introdotto per impedire la concentrazione eccessiva di potere nelle mani di pochi e per mantenere un equilibrio democratico nelle decisioni assembleari.
Comproprietà e rappresentanza nell’assemblea
Quando un’unità immobiliare appartiene in proprietà indivisa a più persone, l’articolo 67 stabilisce che i comproprietari hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea condominiale. Questo rappresentante deve essere individuato con il consenso degli interessati, secondo le modalità previste dall’articolo 1106 del codice civile. In assenza di un accordo, è possibile richiedere l’intervento dell’autorità giudiziaria per la nomina del rappresentante.
Questa norma risulta particolarmente rilevante nei casi in cui vi siano contese tra eredi o nell’ambito di comproprietà familiari, fornendo uno strumento per la partecipazione ordinata alle decisioni condominiali.
Rappresentanza nelle assemblee con più condomini
Un altro scenario regolato dall’articolo 67 riguarda la gestione delle parti comuni a più condominii, come nel caso delle così dette “super-condominio” o delle grandi strutture residenziali con decine di palazzine. Se i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare il proprio rappresentante in assemblea con la maggioranza prevista dall’articolo 1136 del codice civile.
Qualora un condominio non riesca a nominare il proprio rappresentante, diviene possibile ricorrere all’autorità giudiziaria per la nomina, previa diffida all’amministratore. Questo sistema salvaguarda la funzionalità delle assemblee comuni, evitando situazioni di stallo e garantendo il diritto di ciascun condominio alla partecipazione nelle decisioni relative alle proprietà condivise.
La procedura di nomina giudiziale rappresenta una soluzione garantista, utile per prevenire paralisi decisionale e conflitti prolungati tra condomini.
Il ruolo dell’amministratore e i limiti alla delega
Un aspetto fondamentale introdotto dalla riforma del 2013 concerne la impossibilità per l’amministratore di ricevere deleghe per la partecipazione alle assemblee condominiali. Difatti, il comma quinto dell’articolo 67 prevede che non possono essere conferite deleghe all’amministratore, e le eventuali clausole regolamentari che consentano tale pratica sono da considerarsi nulle. Questa scelta legislativa nasce dalla volontà di evitare che l’amministratore diventi un “mezzo abitudinario” per i condomini di astenersi concretamente dalla gestione delle questioni condominiali, riducendo così il coinvolgimento diretto delle proprietà nella vita del condominio.
L’articolo 67, infatti, garantisce a ogni condomino il diritto di intervenire personalmente o tramite una persona di fiducia (non l’amministratore), rafforzando il principio di autonomia decisionale e partecipazione attiva alla vita condominiale. Questo stimola il confronto, la trasparenza e la condivisione delle informazioni tra condomini, elementi fondamentali per un’amministrazione sana.
Conseguenze in caso di violazione delle regole
In caso di violazione delle disposizioni contenute nell’articolo 67, ad esempio se vengono conferite deleghe oltre i limiti previsti, o se l’amministratore riceve deleghe, le delibere assembleari risultate da queste formazioni di voti possono essere contestate e potenzialmente annullate dalle autorità competenti. La rigidità di queste regole incentiva la correttezza formale e sostanziale nelle procedure decisionali.
- Le deleghe devono essere scritte, pena la nullità della loro efficacia.
- Il numero massimo di deleghe e il valore proporzionale che possono essere rappresentati sono precisi: non più di un quinto nei grandi condomini.
- L’amministratore non può ricevere deleghe in nessun caso.
- I rappresentanti per unità in comproprietà devono essere nominati dai comproprietari stessi e non si può avere più di un rappresentante per unità.
- In assemblee comuni a più condominii, ciascun condominio deve avere il suo rappresentante, altrimenti interviene il giudice.
In sintesi, l’articolo 67 disp. att. c.c. è cruciale perché garantisce democrazia, trasparenza e tutela dei diritti dei condomini, favorendo una partecipazione ordinata all’assemblea e prevenendo concentrazioni di potere che potrebbero ledere gli interessi collettivi e individuali. Queste disposizioni costituiscono uno dei pilastri della disciplinata gestione della vita condominiale e, se rispettate, contribuiscono a creare un ambiente giuridico sano, equo e funzionale rispetto alle esigenze di tutti gli proprietari.